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Dove investire in caso di guerra

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Con post sul blog ti voglio parlare di un argomento molto importante, ovvero di dove investire in caso di guerra.

Su questo sito non ti devi aspettare foto di ragazzini sulle Lamborghini noleggiate a Dubai, qui siamo contro i “fuffa guru” e le informazioni di scarso livello. Su questo sito la trasparenza e le informazioni di alto valore sono la parola d’ordine.

Nell’era moderna e con i mercarti moderni il carattere del mercato e l’atteggiamento che hanno gli investitori nei confronti del denaro e dei mercato sono cambiati, quindi è fondamentale dare uno sguardo all’atteggiamento degli investitori in tempi di guerra nell’era moderna.

Ok dopo queste prime informazioni siamo pronti per partire con i contenuti di questo post. Iniziamo!

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Uno sguardo alla situazione di oggi

Dove investire in caso di guerra
investire in tempi di guerra

La Federazione Russa ha invaso l’Ucraina in una guerra che oramai va avanti dalla primavera del 2022, così il mondo intero che ancora non è uscito dalla pandemia da COVID-19 si troverà a dover fronteggiare anche questo evento.

Questo conflitto bellico in particolare potrebbe trascinare gli Stati Uniti e quindi anche tutta la NATO in qualcosa di molto più grande. Inoltre i rapporti degli Stati Uniti con Iran e Corea del Nord non sono proprio ottimi, l’Iran per la questione legata al nucleare e Corea del Nord per quanto riguarda i lanci di prova di diversi tipi di missili balistici.

Dall’inizio del 2022 gli U.S.A. hanno già speso oltre 8 trilioni di dollari per le guerre e si tratta di un pezzo consistente del PIL. Sicuramente l’industria bellica ha avuto i suoi vantaggi dagli effetti scaturiti da questa situazione geopolitica, con alcuni titoli azionari del settore bellico che hanno visto i loro prezzi impennarsi, ma non può essere la stessa cosa per tutti i settori.

Ma detto questo e dopo aver considerato la situazione attuale, tutti noi investitori ci dovremmo porre una domanda:

In che modo le guerre influenzano l’economia mondiale ei mercati azionari?

I più scettici e meno avversi al rischio risponderanno a questa domanda con un: “Solo il tempo ce lo dirà”.

Ma gli investitori più esperti e più formati, quelli che guardano sia la storia che i dati che possono essere estrapolati dalla statistica, risponderanno che: “Le guerre del passato non hanno influenzato in modo particolare al ribasso i mercati azionari nel lungo periodo di tempo”.

Ebbene si, anche se una notizia come la guerra può spaventare la maggior parte delle persone, i mercati finanziari non ragionano così e non hanno molta paura della guerra. I mercati sembrano guardare di più gli utili delle aziende, quindi fino a quando le aziende producono utili i mercati azionari non vanno nel panico con un trend orso.

Ma la storia è storia perché riguarda il passato, quindi i dati anche quelli statistici del passato possono essere molto utili in sede di analisi per prendere coscienza dei dati e fare scelte d’investimento più ponderate ed intelligenti, ma non sono garanzia dei risultati futuri. Quindi:

Come reagiranno i mercati questa volta?

I mercati non hanno paura in caso di guerra

Diverse ricerche finanziarie hanno mostrato che u mercati azionati nella maggior parte dei casi non hanno avuto molta paura dei conflitti bellici e geopolitici, in modo particolare dopo una prima reazione di spavento si sono scrollati di dosso l’iniziale ribasso abbastanza velocemente.

In modo particolare John Lynch ha dichiarato che gli eventi geopolitici e bellici del passato non hanno turbato in modo particolare i mercati azionari. Però c’è da dire che ha fatto riferimento al mercati azionari degli Stati Uniti, e gli Stati Uniti non sono mai stati un soggetto attaccato in primo piano in quanto la guerra non è mai arrivata fisicamente nel territorio degli U.S.A.

Lynch ha detto: “Per quanto grave sia questa escalation, le esperienze precedenti hanno indicato che potrebbe essere improbabile che abbia un impatto materiale sui fondamentali economici statunitensi o sui profitti aziendali”.

Questo tipo di eventi per essere presi seriamente in considerazione dai mercati azionari e per scatenare il Panic Selling, devono essere corredati da una diminuzione o meglio un crollo degli utili aziendali. Questo significa che gli investitori di base guardano prima gli utili aziendali e poi i problemi di ogni genere che ci possono essere nel mondo.

Ma dato che abbiamo a disposizione i dati storici, diamo uno sguardo a quello che è successo ai mercati durante le due guerre più importanti della storia. Sto parlando della prima e della seconda guerra mondiale.

Dall’inizio della seconda guerra mondiale nel 1939 fino alla fine del 1945, il Dow è salito per un totale del 50%, oltre il 7% all’anno. Quindi, durante due delle peggiori guerre della storia moderna, il mercato azionario statunitense è salito di un 115% combinato.

Da questo ne possiamo dedurre che la relazione tra le crisi geopolitiche/belliche e risultati dei mercati azionari non è così semplice come può sembrare a prima vista.

Un’esempio molto recente invece è quello che riguarda la Russia ed Ucraina. Dopo il 24 febbraio 2022 dato del primo giorno dell’invasione russa, il mercato azionario americano con l’indice S&P 500 è sceso di circa il 7% (un valore che può essere contenuto in un normalissimo storno di un mercato toro rialzista).

In seguito gli Stati Uniti e l’Europa hanno intensificato le sanzioni economiche contro la Russia e gli investitori si sono maggiormente preoccupati dell’impatto che questo poteva avere sui prezzi delle materie prime. L’aumento dei prezzi delle materie prime c’è stato, soprattutto per quanto riguarda il petrolio ed il Natural Gas. Tuttavia solo un mese dopo i mercati sono rimbalzati ed i prezzi degli indici azionari erano molto vicini ai massimi del mese precedente, nonostante il fatto che il petrolio rimaneva sopra i 100$ al barile.

Questo significa che i prezzi dei mercati azionari non si preoccupano tanto del conflitto geopolitico in se, ma molto di più delle ripercussioni che possono nascere in termini di inflazione e quindi di aumento dei prezzi delle materie prime necessarie per la vita di tutti i giorni nell’economia reale. Per esempio grano e mais per l’alimentazione, benzina per gli spostamenti e gas naturale per il riscaldamento.

L’aumento dell’inflazione e dei prezzi delle materie prime impatta sui mercati azionari molto di più di altri fattori esogeni.

I mercati soffrono sull’aspettativa

I mercati soffrono sull’aspettativa che qualcosa possa accadere, detto in altre parole il mercati soffrono sull’incertezza. I momenti di incertezza nella maggior parte sono riusciti a spaventare gli investitori con una conseguente discesa dei prezzi dei mercati azionari.

Diverse ricerche come quella condotta dalla Swiss Finance Institute nel 2015, hanno esaminato i conflitti militari degli Stati Uniti dopo la seconda guerra mondiale scoprendo che nella fase precedente allo scoppio della guerra i prezzi delle azioni tendono a scendere con l’aumento delle probabilità che la guerra si verifichi. Tuttavia lo scoppio finale della guerra stessa tende a fa aumentare i prezzi dei mercati azionari.

Detto in altre parole i mercati soffrono più l’incertezza che un fatto si verifichi piuttosto che il fatto stesso.

Giova precisare il fatto che nel caso in cui la guerra scoppi all’improvviso portando un elemento di sorpresa negativa, i mercati fanno scendere le quotazioni dei prezzi. Hanno chiamato questo fenomeno “il puzzle della guerra” dicendo che non c’è una chiara spiegazione del perché i prezzi dei mercati azionari aumentino in modo significativo quando la guerra scoppia dopo una fase di pre-guerra.

Altre ricerche sui mercati finanziari che hanno studiato il prezzi delle azioni e le loro variazioni in tempi di guerra, hanno dimostrato che la volatilità del mercato azionario durante i periodi di guerra in realtà diminuisce (se vuoi avere un ottimo strumento per misurare la volatilità leggi questo post: ATR Trading: Come funziona l’indicatore ATR).

Per esempio durante la guerra del Golfo la volatilità è rimasta nella media storica registrata negli anni. Un conflitto più ampio con la Russia può anche causare un mercato del petrolio volatile, poiché la Russia è un produttore molto importante di petrolio greggio e gas naturale, con oleodotti che alimentano molte parti d’Europa.

Se la Russia dovesse chiudere il rubinetto o subire danni significativi alle infrastrutture petrolifere, potrebbe portare a prezzi dell’energia più elevati. Le interruzioni dei porti intorno al Mar Nero e al Mar Baltico potrebbero anche creare diversi problemi per quanto riguarda le scorte e gli approvvigionamenti alimentari, questi problemi non possono fare altro che creare inflazione su prodotti come cereali insieme alle materie prime legate agli idrocarburi di cui ho parlato prima.

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Perché i mercati azionari rimangono resilienti in caso di guerra

Soprattutto per quanto riguarda il mercato azionario degli U.S.A. i mercati tendono a scrollarsi letteralmente di dosso le flessioni di prezzo iniziali dovute all’incertezza. Questo è successo nel passato e potrebbe continuare a succedere nel futuro, soprattutto se la geolocalizzazione del conflitto non interessa in prima persona i mercati azionari coinvolti.

Per quanto riguarda la storia dei mercati statunitensi, in un certo senso le guerre hanno avvantaggiato interi comparti come può essere quello bellico. Infatti per soddisfare le esigenze belliche per un paese coinvolto in un conflitto, la richiesta di mercato per esigenze militare può aumentare di molto.

Allo stesso tempo non bisogna mai dimenticare che durante questo tipo di periodi, l’attenzione verso la ricerca per lo sviluppo di nuove tecnologie aumenta in modo considerevole. Le nuove tecnologie che possono essere applicare in campo militare, possono poi essere declinare nel settore privato per la produzione di nuovi prodotti per le aziende.

In questo modo possono aumentare i profitti sia delle aziende direttamente interessate al conflitto bellico, che quelle delle aziende private che si avvantaggiano della nuova tecnologia che deriva dalle scoperte in campo militare.

Detto questo non bisogna mai dimenticare, che questo tipo di vantaggio può essere ottenuto solo nel caso in cui il conflitto bellico non vada a toccare in modo diretto il paese che contiene le aziende avvantaggiate. Questo è quello che è succede agli Stati Uniti da sempre, guerre fatte e guerre vinte ma sempre al di fuori dal proprio territorio.

Ma cosa succederebbe se il conflitto bellico andasse ad interessare in modo diretto il territorio e quindi anche il mercato degli Stati Uniti?

Questo è tutto un altro paio di maniche, che darebbe al mercato delle risposte completamente diverse a quelle a cui siamo stati abituati. Per fare un esempio che riguarda i giorni nostri, il mercato azionario americano può ottenere dei vantaggi fino a quanto la Russia non decide di attaccare direttamente il territorio americano.

Ma anche questa ipotesi non ci dovrebbe preoccupare oltremodo, perché significherebbe terza guerra mondiale con testate nucleari potentissime. Insomma la fine del mondo, e dopo la fine del mondo i nostri soldi ei nostri risparmi in sostanza non servono.

Su quali titoli investire in caso di guerra

Dove investire in caso di guerra 1

Durante un conflitto bellico in generale i titoli che ottengono i migliori vantaggi sono quelli legato alle armi e alla produzione di armamenti, giusto per fare un esempio recente dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, la Germania ha deciso di aumentare drasticamente la sua spesa per la difesa portandola al 2% del PIL.

Un aumento di spesa per la difesa molto simile alla Germania è stato fatto anche dagli altri stati dell’Unione Europea, si tratta di una scelta difficilmente biasimabile perché da punto di vista geografico l’Europa è molto più a rischio rispetto agli Stati Uniti e molti stati Europei fanno parte della NATO.

Di conseguenza le aziende che si occupano di progettazione di armi e di sistemi di armamento, non possono fare altro che aumentare i loro utili con il conseguente aumento di prezzo dei titolo azionari.

Anche le aziende che operano nel settore energico potrebbero vedere un aumento del loro giro di affari durante un conflitto bellico, questo può succedere per un aumento delle materie prime energetiche come il petrolio e gas naturale. Che è proprio ciò che è accaduto in Europa subito dopo l’invasione, amplificato dal fatto che gran parte del fabbisogno energetico di idrocarburi Europeo arrivava appunto dalla Federazione Russa.

Ovviamente questo meccanismo non fa altro che aumentare l’inflazione, inducendo l’aumento dei prezzi in generale per via dell’aumento dei prezzi dell’ormai indispensabile energia.

Come si sono comportate le azioni all’inizio delle guerre mondiali

Prima guerra mondiale: le azioni sono scese di circa il 30% dallo scoppio della prima guerra mondiale e i mercati sono stati chiusi per sei mesi. Quando riaprirono, il Dow salì di oltre l’88% nel 1915.9

Seconda guerra mondiale: Il mercato azionario in realtà è aumentato del 10% subito dopo che Hitler ha invaso la Polonia nel 1939. Dopo l’attacco giapponese a Pearl Harbor, le azioni sono scese del 2,9%, ma hanno riguadagnato quelle perdite in meno di un mese. Dal 1939 fino alla fine della guerra alla fine del 1945, il Dow ha visto il suo prezzo apprezzarsi del 50%.

E bisogna tenere in considerazione il fatto che nei primi 50 anni del 900′ i mercati azionari non rivestivano l’importanza sociale che ricoprono oggi, mentre la volatilità era decisamente inferiore. Detto questo, una guerra mondiale oggi si tradurrebbe sui mercato con una forte volatilità.

In conclusione: Investire in caso guerra

Negli ultimi decenni i mercarti sono stati “condizionati” a non avere delle reazioni eccessive agli eventi che portano forti shock di tipo geopolitico, conflitti militari inclusi. Questo è puto accadere per due motivi:

  • La convinzione nel fatto che non ci sarebbe stata un’escalation significativa in caso di guerra che avrebbe potuto portare ad un punto di non ritorno. Come pensare al fatto che nessuno vuole la fine del mondo, ed un conflitto nucleare oggi porterebbe di certo alla fine del mondo.
  • La convinzione che le banche centrali siano sempre sufficiente armate per dare una risposta decisa, in modo tale da poter controllare la volatilità eccessiva sui mercati.

Oggi però la situazione potrebbe essere diversa perché non si tratta più degli Stati Uniti che hanno il pieno potere economico in modo da poter “controllare il mondo intero”. Oggi al gioco dell’egemonia mondiale ci sono altri partecipanti, con economie molto solide e ben equipaggiati anche dal punto di vista militare come la Cina e l’India.

Per concludere questo post sul blog, posso dire che la discesa dei prezzi a cui stiamo assistendo ancora oggi non dipende tanto dal conflitto militare in Ucraina, quanto dall’inflazione che deve essere tenuta sotto controllo. E per tenere sotto controllo quelli numeri le banche centrali devono aumentare ancora i tassi d’interesse che non potranno fare altro che strozzare la domanda e far calare i prezzi degli asset.

In quest’ottica bisogna sempre rimanere aggiornati sul calendario economico e sugli eventi, per fare in modo di essere pronti ad investire con i prezzi a sconto in modo diversificato. Ma questa volta dovremo tenere sotto controllo anche l’evoluzione degli eventi per quanto riguarda l’egemonia dell’intero pianeta, quindi investire in modo intelligente facendo l’occhiolino agli eventi geopolitici.

Leggi il disclaimer in fondo ad ogni pagina di questo sito, per avere le idee più chiare riguardo i rischi che comportano i mercati finanziari.

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Buon lavoro,
– Ivan

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